La Grande Camera della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) ha emesso in data 1 agosto 2022 una sentenza nel fascicolo C‑184/20 che si appunta sulla definizione di trattamento di categorie speciali di dati personali.

Il Vilniaus apygardos administracinis teismas (ossia, la Corte Amministrativa Regionale di Vilnius, Lithuania) aveva presentato ricorso pregiudiziale ex art. 267 TFUE in data 28 aprile 2020, con il quale chiedeva alla CGUE di pronunciarsi circa la legittimità della normativa anticorruzione lituana, la Legge no. VIII-371. Gli articoli 6 e 10 della norma prevedevano che i dirigenti del servizio pubblico dovessero compilare una dichiarazione che conteneva, tra le altre cose, anche i nomi dei loro coniugi, conviventi, o partner. Detta dichiarazione, inoltre, per rispondere al principio di trasparenza, veniva pubblicata sul sito dell’autorità pubblica di cui il dichiarante era dipendente.

Ebbene, l’Autorità lituana aveva sanzionato un cittadino, il quale non aveva presentato una dichiarazione validamente compilata in ogni sua parte. Il cittadino, O.T., presentava, dunque, ricorso di annullamento, sostenendo che la propria dichiarazione, qualora compilata e pubblicata, avrebbe costituito una violazione degli artt. 6 e 9 del Regolamento UE 2016/679, riguardante i propri dati e anche quelli di coloro che avrebbe ivi dovuto nominare.

La Corte Amministrativa ha, dunque, domandato alla CGUE due questioni: è possibile precludere, ai sensi dell’articolo 6 par. 1 e 3 del GDPR, la pubblicazione sul sito dell’Autorità delle informazioni contenute nella dichiarazione? E, inoltre, il divieto di trattamento di categorie particolari di dati personali di cui all’articolo 9 par. 1 del Regolamento, è da interpretare in relazione agli articoli 7 e 8 della Carta, nel senso che il diritto nazionale non può imporre la divulgazione dei dati relativi alle dichiarazioni di interessi privati che possono rivelare dati personali, compresi i dati che consentono di determinare le opinioni politiche, l’appartenenza sindacale, l’orientamento sessuale e altre informazioni personali di una persona?

Orbene, si rammenta che l’articolo 9 del Regolamento, da leggersi in combinato con il Considerando 51, prevede che rientrano in particolari categorie quei dati considerabili “sensibili”, ossia rivelatori dell’origine razziale od etnica, delle convinzioni religiose, filosofiche, delle opinioni politiche, dell’appartenenza sindacale, relativi alla salute o alla vita sessuale dell’interessato. Detti dati sono per l’appunto sensibili in ragione del rischio che il loro trattamento può arrecare ai diritti fondamentali degli individui e, in ragione di ciò, devono essere processati, ex art. 6 del Regolamento, operando opportune cautele.

La CGUE, svolte le opportune premesse sulla legge applicabile, ha risposto ai quesiti della Corte nazionale chiarendo che i dati personali, allorché trattati nell’ambito di un’attività professionale, sono da considerarsi dati personali. Nel merito, con riguardo alla pubblicazione sul sito della dichiarazione, la Corte ha rilevato che il trattamento, pur di interesse pubblico ai sensi dell’articolo 6 del GDPR, mancava di proporzionalità, in quanto le informazioni richieste andavano ben oltre la necessità di trasparenza, risultando in un’interferenza grave con la vita privata del cittadino. Questa ingerenza emergeva in particolar modo con riguardo alla pubblicazione del nome del partner del dichiarante (§100), soprattutto considerato il fatto che la dichiarazione veniva condivisa con un numero indefinito di utenti del sito della pubblica amministrazione.

Dunque, con riguardo al secondo quesito, la Corte ha chiarito che l’articolo 9 del Regolamento deve essere interpretato in senso ampio, ritenendo che la pubblicazione del nome del coniuge/partner è “suscettibile di rivelare indirettamente informazioni sensibili”, in particolare “suscettibile di rivelare indirettamente l’orientamento sessuale”. Pertanto, costituendo un trattamento di categorie particolari di dati personali, succitate informazioni, al parere della Corte, devono essere tutelate a norma dell’articolo 9 (§125-128).

In conclusione, la pronuncia della Corte pare di interesse in ordine alle possibili conseguenze sulle molte attività di trattamento, come il trattamento di informazioni sulla composizione della famiglia, foto, filmati, ecc. Pare opportuno, dunque, dover ripensare la posizione assunta dallo European Data Protection Board nelle Linee guida 3/2019 sul trattamento dei dati personali attraverso dispositivi video, in particolare nella parte relativa alla c.d. “esenzione familiare”.