I fenomeni del marketing politico e della disinformazione on line hanno di recente attirato l’attenzione non solo dei media, ma anche dell’Unione europea, in particolare dopo lo scandalo Cambridge Analytica del 2018. A dimostrazione di questa consapevolezza, il Vice-Presidente per il Mercato Unico Digitale Andrus Ansip ha affermato che “Disinformation is not new as an instrument of political influence. […] Online platforms have an important role to play in fighting disinformation campaigns”. Coerentemente, nella cornice dell’European Democracy Action Plan (2020), la Commissione ha pubblicato una proposta di Regolamento dedicato al marketing politico, volta a predisporre un quadro regolamentare comune per la materia. Infatti, l’obiettivo è introdurre regole armonizzate per un livello elevato di trasparenza delle comunicazioni di marketing politico e dei servizi correlati, nonché tutelare i cittadini dall’utilizzo, nelle strategie di comunicazione politica on line, di tecniche di c.d. targeting e amplification. La proposta si inserisce in un contesto segnato da un’iniziativa di assoluto rilievo quale il nuovo Codice di condotta europeo sulla disinformazione, con cui condivide l’intento di stabilire misure di trasparenza maggiormente incisive: infatti, il Codice indica esplicitamente la ricerca di un allineamento con la presente proposta, già a partire dall’adozione della definizione di political advertising contenuta in quest’ultima, richiamandone talvolta il contenuto e dimostrando una sostanziale armonia tra le due iniziative.

Quale complemento normativo al framework del Digital Service Act riguardante l’advertising sulle piattaforme, la proposta normativa prevede una serie di obblighi di trasparenza in capo agli intermediari nei confronti dell’utente, tra cui la segnalazione della natura politica della comunicazione ricevuta, dell’identità di chi la ha finanziata, del periodo di circolazione dell’ad, nonché informazioni sulle somme investite per finanziarla e sulla loro provenienza. In aggiunta, sono previste regole specifiche per le tecniche di marketing digitale sopra menzionate, che prevedono il trattamento di dati personali degli utenti, tra le quali spiccano un generale divieto di tali tecniche qualora implichino il trattamento di categorie particolari di dati, e gli obblighi di informazione nei confronti dei destinatari delle comunicazioni.

Degna di attenzione è anche la scelta di delegare agli Stati membri la strutturazione dell’impianto sanzionatorio, ad eccezione dei casi di violazione delle prescrizioni sulle tecniche di targeting e amplificazione, e una valutazione a monte della gravità di determinate violazioni se avvenute durante il periodo elettorale.

È indubbio che tale impianto sia orientato a responsabilizzare ulteriormente le piattaforme, richiedendo ulteriori attività di compliance. Attualmente, la proposta è in fase di discussione in seno al Consiglio dell’UE, presso il quale sembra siano recentemente pervenute le posizioni di alcuni Stati membri in merito ai contenuti. Tra queste figurerebbe il favore verso ulteriori distinzioni classificatorie nell’insieme delle categorie particolari di dati, per le quali però vi sono orientamenti diversi circa le possibilità di trattamento. Inoltre, sembra sia stato rilevato il rischio insito nel lasciare la definizione dell’impianto sanzionatorio alla discrezionalità dei legislatori nazionali, delega che potrebbe creare problemi nell’enforcement delle prescrizioni normative nell’ambito di attività transfrontaliere. Gli orientamenti non appaiono completamente omogenei, sebbene vi sia condivisione circa gli elementi fondamentali della proposta. In attesa di ulteriori progressi nell’iter legislativo, non si può che prendere ulteriormente atto della ferma intenzione della Commissione di rendere più trasparente la comunicazione politica, in un contesto tecnologico che spesso limita l’esposizione dell’utente ai soli contenuti prossimi alla propria sfera valoriale e comporta un maggiore sforzo dello stesso nell’esercitare quella capacità critica che dovrebbe contraddistinguere il processo di informazione politica.