Con tre comunicazioni succedutesi tra ottobre e novembre, il Garante per la protezione dei dati personali ha annunciato l’avvio di un’istruttoria nei confronti di alcune testate giornalistiche online che condizionano l’accesso ai propri contenuti al consenso per il trattamento a fini di profilazione o, in alternativa, al pagamento di una somma di denaro. Si tratta del tema dei c.d. cookie wall e pay wall, il cui scopo è garantire un profitto derivante dalla consultazione dei contenuti di un sito web.
L’editoria italiana si trova ad affrontare una riduzione considerevole delle entrate derivanti dall’advertising. Come evidenziato dall’Osservatorio Internet Media della School of Management del Politecnico di Milano, dal 2007 al 2017 in Italia gli investimenti in pubblicità a mezzo stampa sono precipitati dal 34% al 10%. Inoltre, la Relazione annuale 2022 dell’AGCM mette in luce la maggiore incidenza delle piattaforme, in termini di quota sulla percentuale totale dei ricavi dell’online advertising, rispetto agli editori e alle categorie a questi assimilabili: ben l’84,5% per le prime nel 2021 a confronto con il 15,5% dei secondi. Non sorprende, dunque, che il settore necessiti di adottare nuove strategie per dare maggiore solidità economica ai propri modelli di business.
Il Garante ha richiesto ai maggiori gruppi editoriali nazionali informazioni ed elementi che permettano non solo di capire le modalità di funzionamento dei meccanismi da questi utilizzati, ma anche di verificare il rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali, in particolare con riguardo ai principi di correttezza e di trasparenza del trattamento, nonché del requisito della libertà del consenso.
Nel valutare la sussistenza di quest’ultimo, l’articolo 7, 4° comma del GDPR prescrive che occorra “tenere nella massima considerazione” l’eventualità che la fornitura di un servizio sia condizionata alla prestazione del consenso a un trattamento di dati personali non necessario. La previsione va letta congiuntamente al considerando 43, secondo il quale in siffatte circostanze è presunta la non libertà del consenso. Non si tratta, a ben vedere, di un divieto assoluto, quanto di una “presunzione forte” circa l’assenza di tale requisito fondamentale, citando le Linee guida sul consenso dell’EDPB. Presunzione che può essere vinta in un novero ristretto di ipotesi eccezionali, determinate a seguito di una valutazione caso per caso, come sostenuto dal Garante italiano. Il titolare deve, però, dimostrare di offrire una scelta all’interessato tra un servizio cui fruire dietro prestazione del consenso e un servizio equivalente che non implichi tale atto. In tal senso, allora, si può comprendere perché l’indagine del Garante si estenda finanche alle diverse tipologie di scelte fornite all’utente, nonché alle analisi e ai criteri impiegati nella determinazione del prezzo richiesto tramite pay wall. Si rende necessario, infatti, ragionare sull’equivalenza dell’alternativa a pagamento rispetto al servizio offerto dietro prestazione del consenso al trattamento dei propri dati.
Il Garante ha dunque l’opportunità di fare luce sugli aspetti più problematici dell’utilizzo combinato di cookie wall e pay wall, tra cui gli elementi che definiscono l’equivalenza tra servizi.
Potrebbe fornire criteri per determinare in che modo il costo economico che l’utente dovrebbe sopportare incida sull’idoneità dell’alternativa a integrare il requisito dell’equivalenza. In Francia, ad esempio, il CNIL ha esplicitato come la validità dell’alternativa dipenda anche dalla ragionevolezza del prezzo del servizio per il quale non è richiesto il consenso, da valutare caso per caso.
Ancora, vi è la possibilità di chiarire se il requisito dell’equivalenza debba misurarsi unicamente rispetto a un’alternativa fornita dallo stesso titolare. Le linee guida sul consenso dell’EDPB escludono che il consenso possa considerarsi libero se il servizio alternativo equivalente è offerto da un altro titolare del trattamento, mentre l’autorità francese ammette questa possibilità, di cui il soggetto che adotta il cookie wall deve dare prova. Anche la Corte di Cassazione, nella sentenza dell’11 maggio 2018, n. 17278, sembra andare in quest’ultima direzione, quando identifica la fungibilità e la non indispensabilità del servizio quali caratteristiche che permettono di condizionare la fornitura dello stesso al consenso al trattamento dei dati a scopo pubblicitario. In tale circostanza, basterebbe la prova sopra menzionata per privare di rilevanza ogni indagine circa l’equivalenza del servizio cui accedere tramite pay wall: l’esistenza di un servizio equivalente fornito da un titolare terzo renderebbe di per sé legittimo l’uso del cookie wall, salva l’eventuale necessità di garanzie ulteriori nei confronti dell’utente.
Alla luce della crescente diffusione del fenomeno, nonché degli interrogativi che indubbiamente pone, l’iniziativa del Garante potrebbe culminare in indicazioni più chiare circa la pratica in oggetto, al di là del tipo di provvedimento che le circostanze concrete del caso giustificheranno. Istruzioni importanti, queste, per un settore che prova a rendersi resiliente rispetto ai cambi di direzione del mercato.