Il 13 novembre il Parlamento europeo e il Consiglio hanno raggiunto un accordo sulla proposta di Regolamento per un’Europa interoperabile, la normativa che stabilisce misure per un livello elevato di interoperabilità del settore pubblico nell’Unione.

Si tratta di un tassello importante della strategia europea per il digitale, ed infatti la Commissione, nella relazione che accompagna la proposta, definisce la trasformazione digitale delle amministrazioni pubbliche “una delle principali priorità del decennio”. Naturalmente il riferimento è al Digital Decade Policy Programme 2030, il programma strategico per il decennio digitale con cui la Commissione  intende realizzare la trasformazione digitale dell’Europa entro il 2030.

Il Regolamento istituisce un network europeo per l’interoperabilità transfrontaliera di rete e dei sistemi informatici utilizzati per fornire o gestire servizi pubblici nell’Unione e mira a sostenere le interconnessioni tra i servizi pubblici nazionali esistenti. Dunque, disciplina la definizione di soluzioni di interoperabilità, stabilisce misure destinate a sostenere gli enti pubblici nell’attuazione del Regolamento e istituisce un quadro di governance a più livelli, che si compone di un comitato in cui gli Stati membri, i rappresentanti della Commissione, del Comitato delle regioni e del Comitato economico e sociale fissano gli obiettivi strategici, sostenuto dalla “comunità per un’Europa interoperabile”, che coinvolgerà gli stakeholder nei compiti operativi connessi all’attuazione del Regolamento. Infine, si stabilisce uno specifico meccanismo integrato di pianificazione, l’“agenda per un’Europa interoperabile”.

Questo, in breve, è l’impianto pensato per affrontare una faccenda complessa. Come si legge anche nella relazione accompagnatoria, infatti, l’interoperabilità non è soltanto una questione tecnica. È una questione giuridica, perché implica che il quadro giuridico di riferimento non sia d’ostacolo al funzionamento transfrontaliero dei servizi pubblici. È una questione organizzativa, “perché presuppone un coordinamento efficace tra i diversi enti pubblici a tutti i livelli dell’amministrazione nella fornitura di servizi pubblici”. Ed è una questione semantica, perché richiede un linguaggio comune, che attribuisca il medesimo significato a dati e informazioni.

Nell’Unione si sono già ottenuti alcuni risultati importanti. Un esempio su tutti, l’interoperabilità giuridica e tecnica degli strumenti elettronici di identificazione, autenticazione e firma raggiunta con il Reg. 910/2014, il “Reg. e-IDAS”.

L’accordo sul Regolamento per un’Europa interoperabile è stato di poco preceduto proprio da quello sul Regolamento che revisiona il quadro definito da e-IDAS, raggiunto dal Parlamento europeo e dal Consiglio l’8 novembre.

Come è noto, con la revisione si istituiscono i portafogli europei d’identità digitale, ma si introduce anche l’obbligo per gli Stati membri di notificare alla Commissione europea almeno un regime di identificazione elettronica. Così, i cittadini di ogni Stato membro potranno ottenere un’identità digitale attraverso cui, grazie al meccanismo del riconoscimento reciproco, fruire dei servizi on line offerti dagli organismi pubblici nazionali degli altri Stati membri.

C’è una forte correlazione anche con le nuove normative per la valorizzazione dei dati, il Data Governance Act, approvato il 30 maggio 2022, il Data Act, recentemente approvato in via definitiva dal Parlamento europeo ed ora in attesa della ratifica del Consiglio, e la proposta di Regolamento per uno spazio europeo dei dati sanitari. Si osserva, infatti, nella relazione della Commissione: “l’interoperabilità garantisce che i dati possano essere scambiati senza soluzione di continuità”.